sabato 30 agosto 2014

VERSANTE RIPIDO N 8 "VIAGGIO" - poesie INEDITE dalla Croazia 2009, di Ilaria Pamio

E sul numero 8 di Versante Ripido ho fatto il bis! Qui, l'elenco di tutti i pezzi pubblicati (click! )

Qua sotto, il mio contributo.


Dalla Croazia nel 2009, di Ilaria Pamio

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Dalla Croazia nel 2009, di Ilaria Pamio.

   
   
Lettini cocoon
“Lettini cocoon/
e ragazze con scapole alate/
c’è una donna con le ciabatte lilla e il fiocco/
davanti al cambio soldi di Opatia/
che il mercoledì è chiuso/
e ho in tasca solo centottantaeuro/
e il bancomat non funziona.
Sono stati giorni grigi/
e l’avvocato se n’è accorto/
(me l’ha detto oggi a pranzo/
davanti a un toast con una sola fetta di prosciutto/
e lei un’insalata che ha ridotto a metà).
E nuvole a coprire il sole/
e uomini oceanomare ridotti a brandelli/
c’è un micio grigio nell’altro balcone/
vicino alle scalettine all’ingresso/
e a quelle basse della piscina vuota/
e patatine e salame e pan carrè/
e olive e pomodori e il cielo/
m’ha ustionata/finalmente sono in pace
tra poco gli altri ci raggiungono/
per l’aperitivo.”
   
(Opatia – Croazia, CRES, 12 Agosto 2009)
***
Mi annebbi la vista
“Mi annebbi la vista
e rendi lucidi i ricordi
che mi basta essere da sola
e mettere sul fuoco una pentola d’acqua
in un paese straniero
per ricordarmi di te.
E di me.
E di quella volta di due anni fa
in cui stavo scrivendo
un baby romanzo
e tu mi chiamasti
tra le risa mie e delle mie amiche.
E le mie gambe a penzoloni
da un letto
[mi aspettavano per farci una canna. E da allora, non ho più fumato].
Ed era quasi capodanno
ma tu non mi eri dentro come adesso
ed è un casino
perché non ti ho.
Sei in spiaggia con me
sei le mani del ventitreenne
che prende la penna e
scrive/no/disegna
sulla pancia della ragazza
col costume uguale al mio
ma lei è mora
e più in carne di me
e più giovane di me
[ma in quanto a tette, poveraccia, sta messa come me].
E m’ipnotizza la mano di lui
immagino sia la tua
che sfiora la mia pancia
e il tuo essermi dentro
mi strugge
ché qua tu non ci sei.
E c’è una donna con due sacchi aridi
al posto della quarta di tre anni fa
che mi fa pensare
alle tue donne africane
e c’è uno con la pancia
e un cazzo grosso e moscio
e una flemma nel far tutto
che mi domando se
gli si rizzi mai.
E c’è uno straniero che mi guarda
con accanto il suo uomo
e lui si vede che ce l’ha grosso e trionfante
[ed è appena uscito dall’acqua].
E se vuoi
puoi pure ridere ma
è accaduto di nuovo!
Anche stavolta mi si è scotta la pasta
e anche stavolta ho mangiato di merda.
È che tu mi prendi
dalla pelle
come un gancio/o un amo
e mi tiri via dal mare/dalle montagne/dall’acqua che bolle
[e mi sento scema].
Come una di quelle donne antiche
innamorate di uno
che abita mille mondi più lontano
e il fatto è che non sono
innamorata di te.
È una cosa diversa.
Ti sento come se fossi un pezzo
della mia pelle
della mia saliva
e quando ti penso mi rattristo.
E oggi
anche il cielo piange
occhi rossi come labbra
e nessun sorriso.
Come sentirsi molle dentro
E non poter dire a nessuno perché.”
   
(10 Agosto 2009, Medveja -Croazia)
***
Sei con me la mattina 
“Sei con me la mattina
sotto le coperte al risveglio
e la notte
prima che schiuda gli occhi.
Sei nelle mie gambe
che ballano all’impazzata
su un materassino in spiaggia.
Ci sei ora sulla mia Smemo
che poggia sulla mia coscia
vestita di un pantalone verde militare.
Sei gli occhi del ragazzo biondo
che c’era stamattina al bar
con gli occhiali scuri.
Sei nella mia stanchezza
nel ginocchio che mi tiene sveglia
e grida
gli scalini
urla
per i sassi al mare.
Sei il buco grande che
mi sento dentro
e non so se mi pensa.
Sei la lingua che penso
la bocca che voglio
sei un ectoplasma gigante
che sento così piccolo
rispetto a me.
Sei una faccia che
mi sogno d’aver davanti
prendermi tra le mani
entrare nelle labbra
e sussurrargli
Buon Compleanno Piccolino!”
   
(Icici -Croazia, 18 Agosto 2009, 33esimo compleanno di W.)
                   


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VERSANTE RIPIDO N 8 "VIAGGIO" - IL RACCONTO DEL MESE di Ilaria Pamio

Il numero 8 di VERSANTE RIPIDO è on line




Il racconto del mese: CRY! (BLOOD MIND) di Ilaria Pamio

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CRY! (BLOOD MIND)

racconto di Ilaria Pamio
   
Le natiche tagliavano le piastrelle fondendosi tra le venature del pavimento di marmo chiaro. La scapola destra poggiava su una parete, la sinistra sull’altra. Scomode. All’angolo di quelle due mura del salotto. Teneva la testa china tra le mani, i gomiti temporeggiavano sulle ginocchia, rannicchiate in pochi centimetri quadrati. Sollevò di scatto la testa quando dallo stereo partì Spank Thru, una delle sue canzoni preferite. Fu allora che si domandò che ore fossero. ”Porca puttana! Mio padre è un coglione!” sbraitò guardando La persiana della memoria sulla parete di fronte a sé “Come cazzo si fa? Come si fa, mi chiedo! Avere tre orologi con le lancette imbizzarrite. Quello stronzo deve trovare il modo di farle tornare normali”. La sua testa era sospesa nell’aria. Aveva ingurgitato anfetamine sciolte in alcool etilico. Non sopportava stare solo, e ora lo era. Le pupille dilatate non distinguevano un orologio vero da tre sciolti in un quadro. C’era stata una festa quella sera. I soliti amici, più qualche imboscato. Il tavolo in noce era saturo di bicchieri semivuoti. Uno dei calici a tulipano era per terra col corto gambo spezzato, reo di aver insozzato con Tennessee Whiskey il persiano rosso e blu sottostante.
Giorgio temeva di soffocare, tanto i suoi polmoni stavano affogando nel puzzo di pelle dei divani nuovi impregnati dell’odore di fumo dei vari mozziconi sparsi qua e là nei posacenere vintage in cristallo e argento. Erano gente_per_bene i suoi amici, universitari figli di papà con scarpe Prada, che si accompagnavano a biondine con borsette Louis Vuitton e vertigini su tacchi Gucci. Nessuno di loro si sarebbe mai permesso di cremare il tappeto del signor Pirola.
Ora Kurt stava gridando. Giorgio strinse forte la testa tra le mani e iniziò ad urlare: “Smettila! Smettila! Chiudi quella fogna di bocca! Chiudila per dio!”. Se ci fossero stati dei vicini, di sicuro qualcuno avrebbe chiamato la polizia, ma abitava in una villetta isolata. “Piantala, ti prego”, chiese ora con tono dimesso, singhiozzando come un bambino.
Chinò nuovamente la testa. Ma balzò in piedi immediatamente. Sbatteva le mani idrofobe sulle braccia invase da api “Cosa volete? Che vi ho fatto?”. Forse, durante le sue crisi depressive corrette con Xanax si era soffermato troppe volte a osservare il Sogno causato da un’ape attorno a una melograna un secondo prima del risveglio. Suo padre era un patito di Dalì, ma ignorava quanto quei quadri così onirici e suggestivi potessero impossessarsi della mente sognatrice del figlio. Più volte il ragazzo si era chiesto quale paura avesse accompagnato quella donna indifesa dall’assalto delle tigri. Ma di più lo preoccupava quell’ape nascosta sotto di lei, che avrebbe potuto pungerla a sorpresa. Ora quell’ape si era moltiplicata in cento, mille esemplari che usciti dal frutto si erano diretti verso di lui procurandogli un dolore intenso che spingeva, scoordinato quasi fosse posseduto, a dimenarsi tra sedie rivestite di velluto rosso, tavolini con sopra vasi liberty e carrelli con le bottiglie di Jack Daniels, Gordon’s Gin, Martini, Keglevich.
D’improvviso il ronzio terminò. Si guardò le braccia: sgorgavano sangue “Mi hanno riempito di squarci, ma almeno se ne sono andate”.
Il suo volto disegnò un sorriso esausto. Ora la calda voce di Lou Reed cantava “Just a perfect day, problems all left alone” e uscì, barcollante, dalla stanza, diretto verso il bagno, deciso a ripulirsi da quello schifo.
                        
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giovedì 7 agosto 2014

Vorrei che il mio cuore


"Vorrei che il mio cuore, per un attimo,
smettesse di respirare
e il fiato si facesse limpido
la testa smettesse di urlare.


Ho morse di piombo
attorno allo stomaco
e occhi privi di luce.


Vorrei un lunghissimo sonno
l'erba sullo sfondo
il rumore del vento, il sapore del mare."


(6 Agosto 2014, 2.04 a.m.)

- Immagine: Mark Ryden -